giovedì 11 settembre 2014


Un libro è soprattutto un contenitore all’interno della quale viene conservato, per essere trasmesso, un insieme di informazioni sia esse scientifiche, artistiche, letterarie. Nasce in forme diverse come rotolo e fogli liberi, per diventare dopo un insieme di un'unica dimensione rilegati e protetti da una copertina grazie agli amanuensi, per assumere la forma finale che oggi conosciamo grazie alla stampa nella seconda metà del 1400, anche se esistono esempi di manufatti librari già nel secolo precedente in Cina e in altre stati del mondo orientale. Non è questa la sede per un’analisi su quest’argomento. Il libro nel tempo è stato scrigno prezioso custode, a volte segreto, della parola scritta, tempio della conoscenza, fino a diventare compagno di viaggio. Ha avuto vicissitudini drammatiche tanto da essere considerato “opera del diavolo” nel Medio Evo ed ha subito anche il rogo durante le dittature. Ha sempre accompagnato l’uomo nelle sue trasformazioni sociali documentandole ampiamente all’interno della propria struttura formale sia nel concetto di scrittura sia nell’immagine fino a diventare oggetto a sé.

Definirne oggi le peculiarità del libro, in questo caso libro d’artista, diventa complesso poiché pur mantenendo la condizione iniziale del libro: copertina, fogli, scrittura, immagine, racconto, se ne allontana, grazie alla manipolazione dell’artista, da quello che convenzionalmente intendiamo come tale. È realizzato spesso con materiali preziosi e quando ci si serve dei riporti occasionali, gli stessi diventano tali in quanto mutano il loro valore iniziale per diventare oggetto d’arte. Può essere realizzato a. tiratura limitata come può essere oggetto unico, istallazione, scultura o pittura tridimensionale che si evolve nello spazio.

Anche se ci sono degli esempi precedenti da William Blake, che scrisse, illustrò, stampò, colorò, rilegò un insieme di testi e immagini dal risultato intenso ed ermetico mai visto prima, a Stéphane Mallarmé, con i suoi spazi bianchi che provocano un ripensamento sul testo e sul libro stesso, tutti gli storici sono concordi nel datare l’avventura del libro d’artista intorno agli anni sessanta, considerando sia i Futuristi sia i Dadaisti, padri fondatori.

Mantiene lo spirito iniziale di prodotto artistico altamente democratico che ebbe fin dall’inizio del suo apparire quando grazie alla stampa cominciò ad essere comprato letto visto toccato da tutti provocando quel processo di alfabetizzazione e conoscenza, non più tramandata ma acquisita, nell’uomo; modificandosi nel tempo e nella storia secondo le necessità culturali, sociali, politiche. E se prima la collaborazione scrittore, editore, artista o illustratore era necessaria oggi l’artista opera quasi esclusivamente da solo.

Produce il proprio, lavoro pensa a realizzare l’opera per riclassificarla poi come libro e non più partendo dallo stesso per creare l’idea. Utilizza: rotoli, pieghevoli, concertine, fogli rilegati, liberi contenuti in scatole; realizza sculture che contestualizzano il libro o parte di esso, lo dilata nello spazio lo produce assumendone il controllo considerandolo come opera d’arte in se. Le contaminazioni tecniche producono libri oggetto o campi di esplorazione, dove far convivere linguaggi differenti dematerializzando il concetto di libro per dare forma a un prodotto artistico. Grazie a questa flessibilità mutevole all’interno della sua struttura di: immagini, testi, segni e materiali differenti che esprimono presenze astratte, intime, concettuali, formali, il libro d’artista, è come dice Dick Higgins l’intermedia per eccellenza intendendo con tale definizione un luogo contemporaneo dell’operare artistico ancora e più del cinema, video, fotografia, registrazione, audio, televisione. Questa sua prerogativa intrinseca, insita nel libro d’artista, divenne compagno fedele di tutte le avanguardie storiche dal Futurismo al Dadaismo, all’Arte Concettuale, alla Poesia Visiva, ai Fluxus. Ne sono un esempio, le “parolibere” di Marinetti, i libri bullonati di “Depero futurista” o le “Lito latte” di Albisola. Le copertine tattili di Duchamp, i testi scritti a mano di Larionov, di Tatlin e della Gončarova con l’inserimento di collage e litografie come elementi espressivi, o opere di design di Lissitzky. Le cancellature di Isgrò, che destrutturano il testo focalizzando l’attenzione sulla parola, o i fori di Roth che consentono al fruitore di vedere più pagine contemporaneamente. O i libri di Ruscha dove la fotografia si sostituisce alla parola e ai segni annullando la funzione di libro per ricercare una riflessione sul prodotto stesso di libro. O i libri illeggibili di Yoko Ono, Bruno Munari realizzati con fogli di colore e spessore diverso sagomate ritagliate e cucite senza nessun apporto del segno grafico, di George Brecht, partiture raccolte in scatole chiuse e diverse, o i libri macerati e mescolati con sostanze e spezie di Roth.

Il libro si apre a tutte le esperienze comunicative. La scrittura e la parola perdono d’importanza, arrivando addirittura a eclissarsi da certi libri, o giungendo alla scomposizione tipografica della parola che si frantuma e si ridistribuisce sulla pagina del libro. Fra gli anni Settanta e gli Ottanta, come conseguenza di una metamorfosi continua, fatta d’intersezioni e accumulazioni d’idiomi e materiali, il libro d’artista si trasforma in libro-oggetto. È destrutturato, decontestualizzato, perde la natura stessa di libro per essere ristrutturato e contestualizzato nella nuova natura di prodotto artistico, di oggetto d’arte.

A differenza dei libri d’artista a tiratura illimitata degli anni Sessanta, i libri-oggetto, o libri-scultura, sono pezzi unici realizzati nei materiali più disparati e che si rifanno all’aspetto del libro, non più pagine da leggere e sfogliare ma percorsi da condividere, forme, segni, colori, immagini che si rivelano come essenze intime dell’idea.

I curatori della mostra realizzata a Noto, Lucio Pintaldi e Cettina Lauretta che hanno al loro attivo già tre pubblicazioni di raccolte di mail-art, hanno mantenuto fede allo spirito del libro d’artista dove le opere presentate manifestano appieno la mutevole flessibilità del prodotto libro sia tecnica sia espressiva. La mostra che non è a tema e non potrebbe esserlo, raccoglie un insieme di opere che manifestano in maniera forte non solo la diversità di linguaggi, dal libro minimale, al libro oggetto, dal libro concettuale al libro che racconta. Ognuno di questi manufatti sia che si evolvono nello spazio sia che si sfogliano producono quel senso di estraniamento quasi naturale dal concetto di libro portandoci a riflettere sulla natura dello stesso, non più il contenitore che la storia ci ha tramandato ma un oggetto d’arte.
 
                                                                                                                                          Liborio Curione

Nessun commento:

Posta un commento