Un libro è soprattutto un contenitore all’interno della
quale viene conservato, per essere trasmesso, un insieme di informazioni sia
esse scientifiche, artistiche, letterarie. Nasce in forme diverse come rotolo e
fogli liberi, per diventare dopo un insieme di un'unica dimensione rilegati e
protetti da una copertina grazie agli amanuensi, per assumere la forma finale
che oggi conosciamo grazie alla stampa nella seconda metà del 1400, anche se
esistono esempi di manufatti librari già nel secolo precedente in Cina e in
altre stati del mondo orientale. Non è questa la sede per un’analisi su
quest’argomento. Il libro nel tempo è stato scrigno prezioso custode, a volte
segreto, della parola scritta, tempio della conoscenza, fino a diventare
compagno di viaggio. Ha avuto vicissitudini drammatiche tanto da essere
considerato “opera del diavolo” nel Medio Evo ed ha subito anche il rogo
durante le dittature. Ha sempre accompagnato l’uomo nelle sue trasformazioni
sociali documentandole ampiamente all’interno della propria struttura formale
sia nel concetto di scrittura sia nell’immagine fino a diventare oggetto a sé.
Definirne oggi le peculiarità del libro, in questo caso
libro d’artista, diventa complesso poiché pur mantenendo la condizione iniziale
del libro: copertina, fogli, scrittura, immagine, racconto, se ne allontana,
grazie alla manipolazione dell’artista, da quello che convenzionalmente
intendiamo come tale. È realizzato spesso con materiali preziosi e quando ci si
serve dei riporti occasionali, gli stessi diventano tali in quanto mutano il
loro valore iniziale per diventare oggetto d’arte. Può essere realizzato a.
tiratura limitata come può essere oggetto unico, istallazione, scultura o
pittura tridimensionale che si evolve nello spazio.
Anche se ci sono degli esempi precedenti da William Blake,
che scrisse, illustrò, stampò, colorò, rilegò un insieme di testi e immagini
dal risultato intenso ed ermetico mai visto prima, a Stéphane Mallarmé, con i
suoi spazi bianchi che provocano un ripensamento sul testo e sul libro stesso,
tutti gli storici sono concordi nel datare l’avventura del libro d’artista
intorno agli anni sessanta, considerando sia i Futuristi sia i Dadaisti, padri
fondatori.
Mantiene lo spirito iniziale di prodotto artistico altamente
democratico che ebbe fin dall’inizio del suo apparire quando grazie alla stampa
cominciò ad essere comprato letto visto toccato da tutti provocando quel
processo di alfabetizzazione e conoscenza, non più tramandata ma acquisita,
nell’uomo; modificandosi nel tempo e nella storia secondo le necessità
culturali, sociali, politiche. E se prima la collaborazione scrittore, editore,
artista o illustratore era necessaria oggi l’artista opera quasi esclusivamente
da solo.
Produce il proprio, lavoro pensa a realizzare l’opera per
riclassificarla poi come libro e non più partendo dallo stesso per creare
l’idea. Utilizza: rotoli, pieghevoli, concertine, fogli rilegati, liberi
contenuti in scatole; realizza sculture che contestualizzano il libro o parte
di esso, lo dilata nello spazio lo produce assumendone il controllo
considerandolo come opera d’arte in se. Le contaminazioni tecniche producono
libri oggetto o campi di esplorazione, dove far convivere linguaggi differenti
dematerializzando il concetto di libro per dare forma a un prodotto artistico.
Grazie a questa flessibilità mutevole all’interno della sua struttura di:
immagini, testi, segni e materiali differenti che esprimono presenze astratte,
intime, concettuali, formali, il libro d’artista, è come dice Dick Higgins l’intermedia
per eccellenza intendendo con tale definizione un luogo contemporaneo
dell’operare artistico ancora e più del cinema, video, fotografia,
registrazione, audio, televisione. Questa sua prerogativa intrinseca, insita
nel libro d’artista, divenne compagno fedele di tutte le avanguardie storiche
dal Futurismo al Dadaismo, all’Arte Concettuale, alla Poesia Visiva, ai Fluxus.
Ne sono un esempio, le “parolibere” di Marinetti, i libri bullonati di “Depero
futurista” o le “Lito latte” di Albisola. Le copertine tattili di Duchamp, i
testi scritti a mano di Larionov, di Tatlin e della Gončarova con l’inserimento
di collage e litografie come elementi espressivi, o opere di design di
Lissitzky. Le cancellature di Isgrò, che destrutturano il testo focalizzando
l’attenzione sulla parola, o i fori di Roth che consentono al fruitore di
vedere più pagine contemporaneamente. O i libri di Ruscha dove la fotografia si
sostituisce alla parola e ai segni annullando la funzione di libro per
ricercare una riflessione sul prodotto stesso di libro. O i libri illeggibili
di Yoko Ono, Bruno Munari realizzati con fogli di colore e spessore diverso
sagomate ritagliate e cucite senza nessun apporto del segno grafico, di George
Brecht, partiture raccolte in scatole chiuse e diverse, o i libri macerati e
mescolati con sostanze e spezie di Roth.
Il libro si apre a tutte le esperienze comunicative. La
scrittura e la parola perdono d’importanza, arrivando addirittura a eclissarsi
da certi libri, o giungendo alla scomposizione tipografica della parola che si
frantuma e si ridistribuisce sulla pagina del libro. Fra gli anni Settanta e
gli Ottanta, come conseguenza di una metamorfosi continua, fatta d’intersezioni
e accumulazioni d’idiomi e materiali, il libro d’artista si trasforma in
libro-oggetto. È destrutturato, decontestualizzato, perde la natura stessa di
libro per essere ristrutturato e contestualizzato nella nuova natura di
prodotto artistico, di oggetto d’arte.
A differenza dei libri d’artista a tiratura illimitata degli
anni Sessanta, i libri-oggetto, o libri-scultura, sono pezzi unici realizzati
nei materiali più disparati e che si rifanno all’aspetto del libro, non più
pagine da leggere e sfogliare ma percorsi da condividere, forme, segni, colori,
immagini che si rivelano come essenze intime dell’idea.
I curatori della mostra realizzata a Noto, Lucio Pintaldi e
Cettina Lauretta che hanno al loro attivo già tre pubblicazioni di raccolte di
mail-art, hanno mantenuto fede allo spirito del libro d’artista dove le opere
presentate manifestano appieno la mutevole flessibilità del prodotto libro sia
tecnica sia espressiva. La mostra che non è a tema e non potrebbe esserlo,
raccoglie un insieme di opere che manifestano in maniera forte non solo la
diversità di linguaggi, dal libro minimale, al libro oggetto, dal libro
concettuale al libro che racconta. Ognuno di questi manufatti sia che si
evolvono nello spazio sia che si sfogliano producono quel senso di
estraniamento quasi naturale dal concetto di libro portandoci a riflettere
sulla natura dello stesso, non più il contenitore che la storia ci ha
tramandato ma un oggetto d’arte.
Liborio Curione
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